(Archeo)Mutazioni II

Mutazioni II 2023 ceramica, ferro 37x91x38
Quest’opera si presenta come un frammento scultoreo che riemerge dal tempo, un tempo non collocabile: potrebbe appartenere a una civiltà scomparsa del più passato o a una possibile umanità futura,. La figura, ispirata al vaso canopo egizio con testa di sciacallo – simbolo di protezione e passaggio nell’aldilà – si mostra qui come il reperto di una civiltà mutata, corrotta, trasformata.

Il volto, segnato da incisioni e micro-simboli, è sospeso dentro una griglia metallica che richiama tanto strutture architettoniche quanto gabbie di contenimento. La ceramica appare corrosa, come se fosse stata recuperata da un contesto archeologico. Intorno al collo, un dettaglio inquietante: un ciondolo con il simbolo del pericolo radioattivo. È un elemento chiave. Introduce una frattura nella narrazione archetipica, un cortocircuito visivo tra sacro e minaccia, tra culto e contaminazione.

“Mutazioni” racconta così una memoria immaginaria: quella di una civiltà che ha attraversato trasformazioni estreme, forse a causa dei propri stessi errori, e ci restituisce le sue reliquie come monito. L’opera oscilla tra arcaico e distopico, tra rituale e rovina. È un documento immaginario, un fossile del futuro. La stratificazione dei materiali, la presenza del segno e del simbolo, il riferimento a una grammatica occulta e a una visione architettonico-archeologica del tempo, parlano della necessità di memoria, ma anche della fragilità della civiltà.